Emozioni: scopi evolutivi
Paura, Tristezza e Gioia

Paura

L’emozione della paura mobilita le nostre energie per riconoscere e contrastare pericoli nell’ambiente esterno.
Se non sei in grado di accedere alla paura, non riesci a riconoscere i pericoli.

Quando avverti l’emozione della paura, ci sono due possibilità:

1. Ti lasci sopraffare dalla paura: se sei cresciuto con l’idea che il mondo è un luogo pericoloso o hai vissuto dei traumi, tendi a evitare le situazioni di rischio e sfida, vedi pericoli ovunque e questo ti porta a ridurre il tuo campo di azione. In questo caso potresti sviluppare un carattere conservativo, tendere a fare sempre un passo indietro rispetto alle novità e vivrai in una modalità di sopravvivenza cronica.

2. Neghi l’esistenza della paura: in questo caso non puoi provare paura perché la consideri sintomo di fragilità e debolezza. Tendi a vivere in una costante modalità evolutiva che sembra positiva, ma che in realtà è frutto di una visione irrealistica e incosciente. La possibile conseguenza è lo sviluppo di una personalità ipertrofica e narcisistica, perdendo di vista il contatto con la realtà e rischiando di non riconoscere i pericoli.

3. Se invece elabori un rapporto consapevole con la paura raggiungi la sua dimensione evoluta, ovvero il coraggio. Ti senti coraggioso quando affronti una situazione difficile nonostante la paura, non perché ignori quell’emozione.

Ne consegue che chi non sente paura non può essere coraggioso, ma ha un Io tanto imponente che non riesce ad accedere a questa emozione.

Tristezza

L’emozione della tristezza mobilita le nostre energie per proteggerci nel momento in cui abbiamo subito una perdita e siamo in condizione di massima vulnerabilità.

Mostrandoci tristi, comunichiamo agli altri che siamo in difficoltà e che dobbiamo essere trattati con maggiore riguardo. Se non riesci a vivere in maniera consapevole la tua tristezza, allora non riesci a sperimentare la sensazione di perdita e soprattutto a rielaborarla chiudendo il ciclo della sofferenza.

Questo significa che non vai mai a fondo nella tua sofferenza, e proprio per questo non riesci a costruire una certa profondità emotiva. In altre parole, senza la tristezza rimani a un livello emotivo superficiale perché solo vivendola puoi arrivare alla sua dimensione evoluta, cioè la profondità.

Con questo non ti stiamo suggerendo di abbandonarti completamente alla tristezza, convinto che il mondo sia un luogo di dolore: quello che ti spingiamo a fare è non negare questa emozione, credendoti immune dalla sofferenza. Del resto la sensazione di perdita fa parte del nostro percorso di evoluzione perché ogni volta che diventiamo qualcos’altro, sentiamo di perdere quello che avevamo (o eravamo) prima.

Non serve a nulla, dunque, negare o rifiutare la tristezza. Anzi, è controproducente perché chi non affronta la propria tristezza comunica un’aura di invulnerabilità ma anche di distanza.

Quando comunichiamo la nostra tristezza, gli altri si avvicinano a noi per poterci aiutare, supportare e accogliere. Riconoscere e condividere la propria tristezza è quindi importante per la costruzione della propria identità.

Gioia

L’emozione della gioia mobilita le nostre energie per permetterci di aprirci nei confronti dell’esterno. La provi ogni volta che ottieni quello che desideri, ogni volta che la vita ti regala qualcosa che volevi.

Quando provi la gioia, vivi un’apertura anche dal punto di vista fisiologico, il tuo corpo si apre all’esterno. Non a caso la gioia è l’emozione più sociale e oggi possiamo dire anche più “social”.

È facile condividere la propria gioia perché viene vista positivamente dagli altri. Se per qualche ragione la nostra propensione alla gioia viene inibita, impariamo a non sentire e manifestare questo tipo di emozione, ma nel far questo ci perdiamo qualcosa di fondamentale e depriviamo l’organismo e gli altri centri di tanta energia.

Può succedere, ad esempio, che genitori con un livello energetico basso confondano le manifestazioni di gioia del loro figlio con un eccesso di esuberanza. Il bambino quindi, invece di esprimere questa energia verso l’esterno, la porterà verso l’interno.

Nella nostra società è diffusa la tendenza a etichettare bambini molto attivi come ipercinetici o iperattivi con deficit dell’attenzione.

È un segnale che il contesto in cui ci troviamo non riesce a gestire questi alti livelli di energia e i bambini sono costretti a contenere questa energia creando confusione nel proprio equilibro energetico.

Il risultato? Una bella dose di aggressività che viene buttata fuori in modo incontrollato.

Se invece lasciamo lavorare dentro di noi la gioia, il livello di energia si alza e iniziamo a elaborare pensieri che prima non facevamo e a sperimentare emozioni che prima non eravamo in grado di sentire.

Nella sua dimensione più evoluta la gioia diventa connessione, amore, entusiasmo e genera un approccio alla realtà in grado di abbracciarla nella sua interezza. Qualcosa che ci fa andare oltre noi stessi e abbandonare il nostro narcisismo.

Tratto dal libro BLOOM. Fiorire con le Intelligenze Evolutive​​